Questa è una storia molto bella, e ogni volta che ci ripenso penso a quanto sia vera, verissima, anche nel Coworking.
(La prendo larga, ma ne vale la pena).
A molti, il nome di Matt Mullenweg non dirà nulla, diversamente da quello di Elon Musk, Steve Jobs e compagnia. Ma il club è quello.
Mullenweg è infatti il fondatore di Automattic, l’azienda che ha inventato WordPress, cioè il software che fa girare – tenetevi forte – 455 milioni di siti web nel mondo (sarebbe il 43% del totale, compreso il New York Times, Microsoft, Ferrari, Harvard… e – ehm – Cowo).
Ho scritto “l’azienda che ha inventato WordPress” ma chi l’ha inventato è lui: Matt.
Aveva 19 anni (!).
E il Coworking? Arriva, arriva subito
Matt non ha inventato WordPress da solo, lo ha fatto insieme a Mike, Mike Little.
E qui arriva la cosa bellissima.
Accadde nel 2003 che il software del blog su cui il giovane Mullenweg lavorava iniziò ad avere dei problemi.
Matt, che già sviluppava, si mise in cerca di qualcuno che lo aiutasse a crearsi un software di derivazione.
Qualcosa che gli permettesse di continuare a scrivere, a lavorare.
Non poteva farlo da solo, quindi, scrisse un post sul suo blog, dove annunciava la sua ricerca di un socio (non immaginava che da lì sarebbe nato un colosso del Web, voleva solo farsi un po’ di codice che nessuno gli avrebbe tolto… ma aveva bisogno di una mano).
Scrisse un post.
Ricevette un solo commento.
Ma era della persona giusta.
“All you need is one view, one like, one comment, to change your life” (cit.)
Siamo ossessionati dai numeri, dai follower, dai clic.
E non ci rendiamo conto che la scintilla viene da una persona, un contatto. Unə coworker.
Nel Coworking è esattamente questo che cerchiamo: la scelta, personale e diretta, di una persona (o un’azienda) che decida di unirsi alla community professionale.
Sono spesso a contatto con gestori di spazi, comprensibilmente “affamati” di contatti.
Non sempre è semplice trovare utilizzatori… se poi lo spazio ha migliaia di metri quadri, la questione commerciale è ovviamente fondamentale.
Ma l’approccio del Coworking non può che essere one-to-one: il mio Cowo e la tua giornata lavorativa; la mia community professionale e la tua presenza, il mio network e la tua professionalità.
Il Coworking è sempre un incontro – molto più di un servizio, come siamo abituati a chiamarlo.
Mullenweg ha parlato di “Power of One”, e a me è sembrato che parlasse del Coworking… parafrasando il suo celeberrimo post mi viene da dire:
All you need is one view, one like, one comment, one coworker”
Anche in un Coworking con 1.000 postazioni, il senso lo dà il contatto personale. La riprova? Il lavoro
Gli spazi di Coworking più interessanti, hanno il loro bel “giro” di persone, professionisti, gruppi di lavoro, aziende ecc.
Ma “The Power of One” è un concetto che si applica perfettamente sempre, anche in mezzo a 1.000 scrivanie.
Perché alla fine, con chi bevi un caffè?
Con chi ti confronti su un aspetto del tuo lavoro che non ti convince?
A chi ti rivolgi se hai bisogno di una collaborazione?
A una persona, anche se al Coworking che ne sono millemila.
Quando una coworker, lasciando il mio Cowo® dopo 8 anni, mi disse “Sai Massimo, io ho lavorato con tutte le persone che sono state qui a lavorare in questi anni”, non ha fatto altro che sottolineare “The Power of One”.
Il Coworking è stato la piattaforma per la sua professionalità, che – one by one – ha saputo interessare tutte le altre persone della community, nel tempo.
Sapremo fare come Matt?
Ignorare i KPI, diffidare dell’influencer marketing, smettere di inseguire i follower, distaccarsi dall’ossessione delle statistiche…
Perché forse il valore non è proprio tutto là.
Anzi: non è là per niente, se ai numeri alti non corrisponde che valore residuo, scarso, poco interessante.
Se alziamo lo sguardo, intorno a noi vediamo persone, non numeri: è alle loro esigenze, ai loro bisogni, al loro desiderio di networking che dobbiamo indirizzare le nostre energie, perché è da loro e con loro che arriva il senso del nostro lavoro, che è quello di creare rapporti rilevanti tra professionisti, nell’ambito di uno spazio dato.
E quello spazio non è Instagram né TikTok (dove forse contano le migliaia) ma si chiama Coworking (dove certamente contano le identità).
Matt Mullenweg ha costruito un impero, dando retta al commento (all’unico commento) sul suo blogpost.
Con meno ambizione ma pari spirito di partecipata curiosità, anche noi vogliamo costruire così le nostre community professionali: valorizzando volta per volta ogni singola relazione, ogni singola professionalità, ogni singola identità.
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