Quei Coworking dove (quasi) tutto è automatizzato… li abbiamo provati, ecco com’è andata.

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coworking-automatizzato[Dalla newsletter personale del nostro fondatore]

Oggi parliamo di una tipologia di spazi che sta prendendo piede – o perlomeno di cui sto sentendo parlare sempre di più.

Mi riferisco agli spazi dove tutto è automatico/digitalizzato.

Tutto digital: dalla prenotazione al check-in, dalla rilevazione di presenza alla scrivania al caffè erogato tramite app, dalla compilazione dei documenti all’apertura della porta di uscita quando te ne vai.

Di recente mi sono occupato di progetti come questi, a vario livello, ed ho potuto farmi alcune idee.

  • Warning: pregiudizio di conferma in azione!

Ah ah, mi prendo in giro da solo: chi mi conosce sa quanto io ritenga la relazione umana, diretta e personalissima, al centro dell’esperienza ottimale di Coworking…

Figuriamoci come mi sono avvicinato al Coworking 100% digital!

Beh, consapevole che il mio bias poteva condizionarmi, ho fatto uno sforzo in direzione contraria, per cercare di essere totalmente libero da condizionamenti e pregiudizi.

Anche perché, non dimentichiamoci di un fattore importante, in questa riflessione…

Sono un imprenditore del settore, e non mi posso permettere il lusso di sottovalutare o non considerare nessuna tendenza o impostazione in ambito Coworking.

Aggiungo anche che questo tipo di studio analitico è per me tutt’altro che concluso, però quello che ho sperimentato credo possa valere la pena di condividerlo e magari discuterlo.

Cominciamo dal capire a chi piace questo tipo di soluzione: mi risulta a due tipologie di soggetti: immobiliaristi e invasati di tecnologia.

Tralasciando i secondi, che riteniamo simpaticamente irrecurabili,focalizziamoci si chi di mestiere tratta immobili, una categoria che interagisce spesso e volentieri con il mondo del Coworking.


  • Il Coworking digitalizzato piace al real estate, o comunque a chi non si mette in gioco in prima persona

Se penso a molti tra i Coworking Manager che conosco (anche non della nostra Rete Cowo® Coworking Network) non ne trovo molti che utilizzerebbero volentieri una soluzione che tolga completamente il rapporto umano dalla loro attività (se “rapporto umano” vi sembra troppo, va bene anche “contatto umano”).

Credo che questo nasca dal fatto che chi si avvicina a Cowo® ha un certo tipo di approccio al Coworking, ossia che ne veda – insieme ai vantaggi di tipo economico – un valore anche di tipo relazionale, appunto.

In questo si inserisce anche la sensibilità verso le opportunità lavorative: chi nel Coworking gradisce trovare terreno fertile per lo sviluppo della propria attività, vi ricerca anche quel momento – vuoi alla macchinetta del caffè, vuoi durante un break, vuoi all’aperitivo del venerdì – in cui “rompere il ghiaccio” e farsi conoscere dalle altre persone che lavorano al Coworking.

Diversamente…

Chi vede il Coworking come un modo di realizzare €/mq, beh, “risparmiare” una persona che gestisca diventa un modo di far crescere le proiezioni di guadagno del Business Plan, e quindi ben venga!

Il mondo non è mai tutto bianco o tutto nero, quindi questi due modi di vedere l’attività di Coworking spesso trovano un punto di incontro intermedio… va anche detto che, in molti spazi (non necessariamente piccoli), la “quadra” viene trovata dal titolare che ricopre anche il ruolo di “Cowo® Manager”.

In sintesi, possiamo quindi affermare che, se a un calcolo meramente economico può sembrare più efficace automatizzare tutto, questo presuppone che dall’equazione sparisca, di fatto, la possibiltà di fare networking.


  • Anche la tecnologia ha un costo

Naturalmente, parlando di conti e di redditività del Coworking, il costo della tecnologia non può essere trascurato.

E intendo non solo l’hardware (serrature digitali, smart fridge, coffee machine gestibile da app), ma anche il software, ossia i processi.

Quindi mi rifefisco anche alle modalità (nella mia esperienza tutt’altro che smart) di onboarding, quindi: registrazione ed accreditamento tramite sito, realizzazione di app, implementazione interamente online di contrattualistica, modulistica privacy, terms of service, regolamento…

(E molta di questa burocrazia sdoppiata, perché si deve fare sia per il sito sia per eventuali app).

Tutte cose che chi lavora “live”, in presenza, è abituatə a gestire in scioltezza, magari chiacchierando e apponendo le firme mentre ci si gusta insieme il primo di molti caffè.


  • Sorpresa! C’è un essere umano al Coworking supertech!

Sarà che i processi ancora non sono testati al 100%, sarà che non si sa mai, sarà che qualcuno deve pur farti vedere su quale remoto punto delle impostazioni dell’iPhone devi agire per poter implementare il bluetooth che poi alimenta la porta d’ingresso, la macchina del caffè, il frigo per mangiare e il rilevatore di presenza alla scrivania (che va pingato anche quando te ne vai…), sarà quel che sarà, ma nel mio test a un certo punto è comparso un essere umano.

Il motivo non è dato saperlo, ma al mio arrivo nell’ultimo di questi spazi da me visitati in veste di utente, ho trovato – con un po’ di delusione, lo ammetto – una classica “signorina gentile”.

Per quanto mi riguarda, un punto di qualità in più, ma se dovessi dare un giudizio dal punto di vista della pura esperienza full digital, eh.

E l’atmosfera interna?

Lo sappiamo tutti: entrando in un Coworking (come accade al ristorante e in milioni di altri posti) le vibrazioni che percepisci sono quelle che ti fanno dire “mi piace!” oppure “mmmmh… forse non è il mio posto”.

Durante la mia permanenza al Coworking super-tech, a questo proposito, ho avuto delle senzazioni abbastanza precise.

Se dovessi sintetizzarle, la metterei giù così:

Mi sono sentito in un posto dove odiano le persone e idolatrano la tecnologia

Personalmente, sono abituato ad approcciare le persone in modo diretto, la prima volta che le incontro al Coworking.

E anche dopo, le tratto in modo amichevole. Senza per questo essere invadente o inopportuno, ma il saluto di inizio e fine giornata, ad esempio, è per me fuori discussione.

Ebbene, ho immaginato di comportarmi così in quel posto.

Mi si è prospettata chiarissima una scena poco simpatica: era chiaro che non sarebbe stato un comportamento adeguato, e avrebbe creato fondamentalmente un grande imbarazzo.

Nonostante questo, ho voluto salutare quegli improbabili coworker mentre uscivo, e ne ho avuto un saluto in risposta, che mi ha ricordato quelli che ti arrivano alla sala d’aspetto del medico curante, quando entri e chiedi “chi è l’ultimo?”.

In tutto questo, sono certo che avremo modo di riparlare di questa tipologia di spazi.

Sulla scia degli hotel, sei supermercati e di molti altri servizi crescentemente digitalizzati, anche totalmente, di certo il Coworking non mancherà di andare – in alcuni casi – in questa direzione.

Alla prossima newsletter, e grazie di avermi letto.

Buon Coworking e buona fortuna 🍀

Max

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