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Coworking Poste Italiane: parliamone.

il coworking di poste italianeLa prima risposta, spontanea, alla domanda

Può un Ufficio Postale diventare un Coworking?

è un onesto

Perché no? Coworking Poste Italiane può essere un progetto di notevole interesse per tutto l’ecosistema.

In fondo noi di Rete Cowo® abbiamo fatto “diventare Coworking” aziende industriali, studi professionali, agenzie creative, realtà di ogni tipo.

La capacità di creare situazioni di Coworking, efficaci e funzionali, in ambiti nati normalmente utilizzati per altre funzioni è qualcosa che ci è assolutamente familiare.

Si può dire che sia il nostro pane quotidiano da quasi 14 anni (è dal 2008 che lo facciamo!).

Veniamo quindi al cuore della questione.

Lo scorso 11 febbraio, il condirettore generale di Poste Italiane Giuseppe Lasco ha annunciato che l’azienda è attualmente impegnata nella realizzazione di un piano di spazi di Coworking che troveranno posto all’interno di circa 200 uffici postali sul territorio italiano.

Il comunicato Ansa è piuttosto conciso e non dà alcuna indicazione rispetto ai tempi di attuazione del piano né tantomeno alle sue caratteristiche.

Quello che emerge in maniera si direbbe piuttosto evidente – è citato ben due volte, la prima delle quali a inizio comunicato… – è il tema del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, alle risorse del quale il colosso Poste avrà accesso, come dichiarato anche nel video che trovate pubblicato a fine post.

Mentre auguriamo a questo nuovo player sul mercato di trovare presto e bene una strada sostenibile alla sfida del Coworking, poniamoci noi per primi alcuni spunti di riflessione: è sempre utile ragionare in termini nuovi.

Ecco quindi 5 spunti su cui ragionare, rispetto alla dichiarazione di Poste Italiane di aprire 200 punti di Coworking nell’ambito della propria rete di 7.000 uffici.

  • Punto 1 – Fare Coworking è come gestire un servizio postale nazionale? No, è più facile. 

Chiaramente, quello che salta subito agli occhi leggendo questa notizia, è la distanza, la differenza profonda che esiste tra “fare il lavoro delle Poste” e “fare il Coworking”.

Banalmente, il minimo che si possa pensare è

Come faranno?

Il dato di base è che il Coworking è, rispetto alla gestione di un colosso come Poste, qualcosa di molto più semplice, molto diretto, molto basato su ciò che accade sul territorio, e sul servizio diretto a un singolo soggetto, in un determinato momento, e con modalità che possono evolversi nel tempo.

Un esempio:

Io che sono un lavoratore autonomo, oggi ho bisogno di una scrivania, ogni tanto di una sala riunioni; fra 6 mesi forse mi servirà un ufficio; nel frattempo voglio organizzare dei corsi in una meeting room.

Serve quindi sia la struttura (e a Poste non mancano) sia la capacità di gestire un’esigenza non sempre standardizzabile, altamente soggetta a cambiamenti evolutivi (senza contare gli aspetti relazionali, sempre più importanti nel Coworking: ne parliamo tra poco).

Se è vero quel che dicono a Milano – “ofelé fa’l to mesté” ossia “ognuno faccia il proprio mestiere” – appare logico che Poste dovrà appoggiarsi a qualcuno capace di fare il mestiere del Coworking.

Arriviamo quindi al tema dei partner che sceglieranno per realizzare il loro progetto.

  • Punto 2 – I partner che sceglieranno saranno all’altezza?

Lo scenario del Coworking in Italia è caratterizzato da un pulviscolo di strutture piccole e medio-piccole, del tutto indipendenti, più una manciata di brand multinazionali, che si muovono con logiche per lo più immobiliaristiche, a nostro parere aliene da quello che è il vero spirito del Coworking e quindi deboli dal punto di vista della presenza sul mercato (sappiamo che il mercato va dove c’è il valore, e il valore in questo ambito è dato dalle relazioni, non dai servizi, che sono standard, né dai metri quadri).

Chi aiuterà quindi Poste a fare il Coworking?

Saranno aiutati a farlo bene?

Riusciranno ad avere quella elasticità di approccio che – secondo noi – è imprescindibile, nel momento in cui ti proponi come soluzione sostenibile e attenta alla proposta adeguata ad ognuno, in grado di intercettare anche segnali deboli ed esigenze multiforme?

Gestire un coworker – sia esso un singolo professionista o un’azienda – è qualcosa di specifico, di personale, in buona misura.

E’ certamente un’attività più semplice, rispetto alla enorme complessità di un servizio come quello fornito da Poste Italiane, ma… di un genere di semplicità che può essere difficilissimo, per un colosso.

La standardizzazione delle attività – ovvia caratteristica del servizio postale, nella sua articolata complessità – non è molto compatibile con la gestione efficace di una Coworking Community.

  • Punto 3 – Che livello di standardizzazione è accettabile?

Dovendo impostare una vera e propria “catena di Coworking” è logico che si dovranno creare degli standard, più o meno comuni a tutte le 200 realtà di Coworking previste sul territorio italiano.

Noi di Rete Cowo® non siamo forti nella standardizzazione: chi lavora con noi sa bene che siamo sempre più orientati a un approccio sartoriale, declinato sulle infinite variabili di territorio, ambiente socio-economico, tipo di spazio, tipo di servizi, attività professionale del gestore e così via, con tutte le caratteristiche specifiche e personalizzazione di ogni singolo spazio Cowo®.

Una identità che si tramuta in valore: il valore della proposta specifica, con caratteristiche specifiche, proprie di quello spazio Cowo® e solo di quello… qualcosa che fa sì che quel Coworking venga scelto da quell’utilizzatore, per motivi tutt’altro che standard.

Con Rete Cowo® tutto – dalle campagne pubblicitarie agli approcci di comunicazione, dalla formazione alla gestione del customer care – viene erogato al mercato in maniera fortemente personale, con riscontri decisamente positivi.

Mettendoci per un momento il cappello di chi deve attivare, da zero, una rete di Coworking spaces sotto un unico brand e un’unica governance, sentiamo come un’incognita non semplice da risolvere il tema di una impostazione standard, comune a tutti.

  • Punto 4 – Come impatterà sull’attuale mercato degli spazi di Coworking esistenti?

Questo è un punto interessante, che peraltro non è nuovo alle nostre riflessioni.

Essendo stati noi di Rete Cowo® i primi soggetti a occuparci di Coworking in Italia, abbiamo potuto assistere all’ingresso sul mercato di numerosi altri soggetti, nel tempo.

Quello che ci sentiamo di dire è

non preoccupatevi

Chi fa Coworking secondo le sane logiche della relazione e della sostenibilità economica, a nostro parere ha tutto da guadagnare dall’allargamento del mercato che comporterà l’inizio attività dei Coworking by Poste Italiane.

“Allargamento del mercato” è un concetto chiave, nel Coworking in questa fase: siamo infatti agli albori di un settore tuttora poco praticato (anche se abbastanza “chiacchierato”), e quello che dobbiamo sforzarci di fare non è difendere il nostro orticello, ma far crescere la domanda di servizi di Coworking.

In tal senso, la inevitabile visibilità – spontanea e, chissà, anche pubblicitaria di massa – che Poste porterà a tutto il settore non potrà che essere benefica per chiunque operi sullo stesso mercato, con validi approcci qualitativi.

In altre parole: più coworking = più utilizzatori.

Chi sarà a trarne vantaggio? Come sempre, coloro che lavorano in modo serio, con progetti strategici e attenzione quotidiana alla qualità del servizio.

  • Punto 5 – Infine: che relazione saprà impostare, Poste Italiane con i suoi coworker?

Funzione dei 4 punti precedenti, sarà l’output in termini di relazione che chiunque gestirà quei 200 punti di Coworking dovrà per forze cercare di attivare, pena la banalizzazione del servizio in una pura commodity, anonima e dunque priva di vero valore.

Certo è bello immaginare come ognuno di quei 200 punti possa trasformarsi – mediante l’attivazione di partnership locali, con soggetti legati al territorio – in 200 community in grado di aggregare energie utili e metterle in connessione…

Una sfida emozionante, per quale l’ecosistema di Rete Cowo®, molto pratico di dinamiche aggregative locali su tutti i territori, in primis i piccoli comuni, fa fin da ora il tifo.

Di seguito il video che riporta la dichiarazione del condirettore generale di Poste Italiane Giuseppe Lasco; a seguire, l’intervista Adnkronos sui Coworking di Poste Italiane al fondatore di Rete Cowo Massimo Carraro.

Intervista Adnkronos a Massimo Carraro sul progetto di Coworking Poste Italiane

L’agenzia di stampa Adnkronos ha pubblicato di recente una intervista al nostro fondatore Massimo Carraro.

Il tema della conversazione è l’annuncio di Poste Italiane relativamente alla futura apertura di 200 spazi di Coworking in altrettante sedi di Uffici Postali in tutta la penisola, particolarmente in centri piccoli.

Riportiamo per comodità il testo dell’intervista, qui di seguito; per chi invece volesse leggerla sul sito di AdnKronos questo è il link da seguire.

Enjoy!

Coworking negli uffici postali? Intervista a Massimo Carraro

Carraro è stato tra i precursori del fenomeno Coworking in Italia: suo il primo spazio del nostro paese (Cowo® Milano Lambrate), suo il primo Network di spazi indipendenti (Rete Cowo®), che attualmente conta oltre 100 realtà di Coworking, su tutto il territorio italiano e in Canton Ticino.

.Anche grazie al suo recente libro “Ho fatto un Coworking, anzi 100 – Se la relazione viene prima del business”, da poco disponibile su Amazon, quando si parla di Coworking in Italia, tra le persone con cui dialogare in materia c’è di sicuro anche anche lui.
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Max – come lo chiama chi lo conosce e lo frequenta, nelle numerose occasioni di networking che la sua Rete attiva costantemente online e offline – è quello che qualcuno potrebbe definire un “evangelist” del Coworking.
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Al di là delle appartenenze e dei brand, infatti, il Coworking è indubbiamente una sua grande passione, ancora prima che un impegno professionale. 
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Giusto per citare un’espressione di questa sua dedizione, anche culturale, a tutto ciò che è Coworking, è stato autore – nel 2011 – del decalogo “Coworking Manifesto”, attualmente tradotto in molte lingue e ripreso un po’ ovunque si discuta di Coworking.
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La notizia del momento, in questo ambito, è l’annuncio di Poste Italiane, per mezzo del suo condirettore generale Giuseppe Lasco, di attivare a breve circa 200 realtà di Coworking negli immobili della Rete di Uffici Postali della Penisola: ben 7.000 spazi, molti dei quali in città media o centri minori.
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Grazie ai finanziamenti del PNRR, Poste Italiane attiverà quindi 200 Coworking in altrettanti uffici postali: così ha dichiarato il vertice di Poste Italiane con un comunicato stampa e un video divulgati alcuni giorni fa. 
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Il progetto è originale, la vision totalmente nuova, il brand di quelli che fanno notizia… ce n’è abbastanza per una sessione di domande e risposte con Carraro!
  • Carraro, lei che rappresenta il maggior Network nazionale di spazi di Coworking, come ha accolto la notizia di Poste Italiane che si lancia in un progetto di 200 spazi di Coworking in tutta Italia?

Con sincera curiosità, e anche con un pizzico di ammirazione.
Ho già avuto modo di dire che si tratta di un progetto senza precedenti, né in Italia né altrove, e come appassionato di innovazione non posso che vederne i lati, appunto, evolutivi per il nostro mercato.
E poi c’è la sfida di un brand importante, con una penetrazione del mercato, a livello di consapevolezza, più unica che rara… qualcosa che è profondamente radicato nel tessuto sociale italiano.
A mio parere, un successo di Poste sarebbe un successo per tutto l’ecosistema Coworking: come tutti coloro che lavorano in questo ambito ben sanno, la difficoltà principale è l’emersione della domanda, non certo la saturazione del mercato, ancora lontanissima.
  • Solo luci, quindi, nessuna ombra nell’operazione Coworking Poste Italiane?

A parole si fa presto, poi tra il “dire Coworking” e il “fare Coworking”, ne passa.
Ma non è giusto – e neppure elegante – anteporre i dubbi alle potenzialità: mi piace pensare che ci stupiranno in positivo.
A mio avviso, i punti di attenzione, potenzialmente critici, per loro saranno: vision del progetto, implementazione pratica, organizzazione dei servizi.
Senza dimenticare che il Coworking di qualità, valido anche dal punto di vista commerciale, è quello che sa far leva sui rapporti tra professionisti, sul networking.
Un punto su cui Poste Italiane dovrà ragionare bene se non vorrà attivare dei punti anonimi, privi di valore relazionale.
  • Quali le reazioni tra i Coworking del suo Network?

Ogni volta che un nuovo player si affaccia sul mercato, c’è chi si preoccupa di perdere quote di mercato.
Personalmente, la penso all’opposto: quando smetteremo di aver paura di perdere quote di mercato, inizieremo ad averne di più grandi.
Con Rete Cowo® ho ragionato così sin dall’inizio, quando di Coworking in Italia ce n’era solo uno, il mio. Ora ce ne sono centinaia e lavoriamo tutti molto meglio di allora.
  • Pensa che gli sconvolgimenti nell’organizzazione del lavoro che ha creato la pandemia (smart working, hybrid working, lavoro agile…) abbiano avuto un ruolo nella decisione di Poste?

Non saprei, di certo gli eventi pandemici hanno portato tutto l’ecosistema lavorativo e ripensarsi.
Non mi stupirebbe che nel ragionamento di Poste sia entrata anche questo tipo di valutazione.
La contemporaneità è fatta anche della pandemia, il mercato sarà di chi interpreterà al meglio anche questi aspetti.
  • Se Poste attiverà il proprio progetto, si creerà in Italia una Rete grande il doppio di Cowo®: 200 spazi di Poste verso i 100 spazi di Cowo®: che effetto le fa?

Nessuno in particolare, non abbiamo mai puntato ad alcun primato: se siamo i più numerosi è semplicemente perché molti si riconoscono nei valori e nella qualità che contraddistinguono il nostro brand e decidono di aderire al progetto… che poi siamo i più grandi o i più piccoli, poco importa agli occhi dell’unico soggetto che conta veramente: chi sceglie uno spazio di Coworking per svolgervi il proprio lavoro.
L’importante, a mio avviso, è essere in grado di fornire il miglior servizio possibile a tutti coloro che utilizzano Rete Cowo® per la propria attività professionale e di Networking.
Quanto al numero degli spazi di Coworking, l’ho scritto anche nel mio libro: secondo me presto saranno più numerosi dei bar (e anche degli Uffici Postali), e a lavorare meglio saranno quelli che proporranno il miglior mix di qualità del servizio, sostenibilità economica, relazioni di valore.

Gennaio 2023: al via il bando da 30 milioni per gestire 250 spazi di Coworking Poste Italiane

È notizia di pochi giorni fa il lancio del bando, per un totale di 30 milioni di Euro, relativo alla gestione delle future 250 sedi di Coworking presso altrettanti uffici postali italiani, prevalentemente nei piccoli centri.

Si tratta quindi di un primo passo concreto verso la realizzazione del “Coworking by Poste”, come potremmo definirlo, progetto che prevede la conversione (parziale o totale) di sedi di uffici postali in spazi multifunzionali, che offriranno anche servizi di Coworking.

Il progetto si inserisce in “Polis”, iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico, finanziata dall’Unione Europea con fondi del PNRR.

Anche grazie all’interessamento personale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Polis è stato tra i primi progetti a guadagnarsi l’approvazione in sede di Commissione Europea, e lo sblocco di una consistente tranche di finanziamento, pari a oltre 500 milioni di Euro (le fonti che abbiamo consultato riportano cifre differenti, ma sempre di questo tenore).

La digitalizzazione dei piccoli comuni, l’erogazione di numerosi servizi di Pubblica Amministrazione, la promozione della coesione economica, sociale e territoriale nei piccoli centri urbani e alle aree interne del Paese sono tra gli obiettivi di questa complessa operazione.

Molti milioni, molti Coworking

Il Coworking è un asse piuttosto rilevante di tutto questo, in quanto è prevista l’attivazione di 250 spazi, prevalentemente in città medie e piccole.

Ovviamente, Poste farà leva sulla capillarità della propria rete – non dimentichiamo che in molti comuni minori, l’ufficio postale è un riferimento importantissimo, specie per la popolazione over 65 – lanciando le iniziative di spazi condivisi su tutto il territorio italiano.

Il piano relativo ai Coworking prevede investimenti per 200 milioni di Euro, e gli spazi saranno con tutta probabilità integrati da servizi aggiuntivi quali colonnine di ricarica per veicoli elettrici, armadi digitali per erogazione di servizi 24 ore su 24 e molti altri.

La visione, come si vede, è di grande rilevanza e creerà, di fatto, il primo operatore nazionale nel nostro settore.

Questo sia per la portata dei numeri in campo, sia per la complessità del progetto, che integra in modo (speriamo) virtuoso una visione avanzata dei servizi al cittadino con una rete capillarmente diffusa in tutta Italia.

Gli aspetti legati al Coworking sono solo una piccola parte del gigantesco progetto Polis, che sta transitando la realtà di Poste Italiane verso la creazione di hub avanzati (gli “sportelli unici”) in grado di incidere sul tessuto sociale e produttivo italiano, arrivando a

guidare la transizione digitale del paese

come affermato dall’Amministratore delegato di Poste, Matteo Del Fante.

Il bando per la gestione operativa e la realizzazione della piattaforma tecnologica

Il 29 dicembre, anche noi come molti altri, abbiamo visto la notizia online relativa all’apertura di una selezione per i servizi di gestione degli spazi e la realizzazione della relativa piattaforma tecnologica, ma – a meno di nostre sviste – non abbiamo trovato le modalità di partecipazione.

Le news parlano di un’operazione decisamente importante, con finanziamenti per un totale di 30 milioni di Euro.

Nei link a fine post è possibile leggere la notizia, tuttora pubblicata online sui siti di news.

La partnership, sia a livello operativo sia a livello tecnologico, sarà a nostro avviso uno dei punti su cui questo progetto si giocherà la possibilità di fare la differenza.

È chiaro infatti che l’execution di un concetto così articolato è complesso diventa un fattore chiave… lo è in progetti molto più modesti, figuriamoci su queste dimensioni.

Abbiamo già toccato questo punto nell’articolo “Può un ufficio postale diventare un Coworking?” pubblicato il 22 febbraio 2022, in questi termini:

Chi aiuterà quindi Poste a fare il Coworking?

Saranno aiutati a farlo bene?

Riusciranno ad avere quella elasticità di approccio che – secondo noi – è imprescindibile, nel momento in cui ti proponi come soluzione sostenibile e attenta alla proposta adeguata ad ognuno, in grado di intercettare anche segnali deboli ed esigenze multiformi?

Gestire un coworker – sia esso un singolo professionista o un’azienda – è qualcosa di specifico, di personale, in buona misura.

E’ certamente un’attività più semplice, rispetto alla enorme complessità di un servizio come quello fornito da Poste Italiane, ma… di un genere di semplicità che può essere difficilissimo, per un colosso.

Cosa aspettarci da questa rivoluzione annunciata?

Innanzitutto, con la consapevolezza e l’esperienza che ci vengono da quasi 15 anni di attività nel Coworking italiano, crediamo di poter dire che tutto questo è fondamentalmente una buonissima notizia.

Per tanti motivi:

  1. Sarà l’effettivo sdoganamento del concetto di Coworking: non ci sarà più un paesino in Italia dove non sanno cosa sia!
  2. Si creerà una pluralità di servizi del tutto salutare e favorevole a tutti gli operatori, non solo a Poste (il mercato è tuttora in fase molto iniziale, quindi stiamo parlaqndo di un drastico allargamento della base di utilizzatori)
  3. Avremo tutti diverse possibilità di servizi di Coworking tra cui scegliere
  4. Gli operatori con maggiore attenzione alla qualità del servizio potranno certamente sfruttare al meglio le potenzialità specifiche dei propri progetti, differenziandoli in modo efficace e personale da un’offerta per forza di cose brandizzata, standardizzata
  5. L’utilizzo di uno spazio di Coworking diventerà qualcosa di molto normale, e quindi diffusissimo; al pari – l’esempio cade a pennello – dell’ufficio postale

Potremmo andare avanti, ma ci sembra che – allo stato attuale delle cose – ci sia già abbastanza su cui riflettere.

In particolare, siamo ansiosi di vedere le prime realizzazioni: stando alle notizie pare siano previste le prime 37 attivazioni entro il 2023.

Stay tuned!

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