Non raccontiamocela: il Coworking non è per tutti.

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[Dalla newsletter personale del nostro fondatore]

Chi mi conosce anche poco, sa che per me il Coworking è una vera passione, lavorativa ma anche umana.

Il Coworking – da quando lo pratico ogni giorno, dal 2008 – mi ha dato tanto.

Mi ha insegnato cose, mi ha migliorato, mi ha stimolato.

Ma soprattutto – cosa più importante – ho visto il Coworking coinvolgere positivamente tantissime persone, le ho viste imparare cose, evolvere, divertirsi anche.

Ed è vedendo ogni giorno questa piccola-grande rivoluzione intorno a me, che continuo a occuparmene con entusiasmo e voglia di fare, al servizio di tante persone e aziende, un po’ in tutta Italia.

Ma quindi… è tutto oro? Oh no.

Lo so.

Non sono certo uno di quegli “innamorati persi” che non capiscono più nulla: amo il Coworking ma credo di avere ben chiaro anche i lati negativi di questa dimensione lavorativa. E quindi, perché non parlarne?

Infatti, penso sempre che il Coworking sia fantastico, ma questo non significa che sia per tutti.

Primo problema: il Coworking non è per tutti, appunto

Non mi fraintendete: non ci sono persone inadatte a lavorare in Coworking, non è questo che intendo. Tutti e tutte possono farlo.

Però ci sono persone che non sono disposte ad evolvere.

Chi non è disposto ad evolvere, a cambiare grazie al contatto con altri, mi dispiace ma non è fatto per il Coworking.

Perché il bello del Coworking (cito da solo il mio titolo, ah ah) è che il contatto diretto con professionisti e imprese che lavorano nel tuo stesso ambiente può cambiarti, può cambiarti in meglio.

Può migliorare le tue competenze.

Può aiutarti a svolgere un progetto.

Può ampliare il tuo network professionale.

Può coinvolgerti in un’opportunità di lavoro.

Può rendere meno solitaria la tua giornata lavorativa.

Tutto questo – sai che c’è? – ti cambia, in meglio.

Ma se non vuoi cambiare – per carità avrai i tuoi bravi motivi, forse sei già un campione del mondo, oppure odi la gente, o magari ti va di essere come sei e basta – beh, non andare al Coworking.

Perché tra le cose brutte del Coworking c’è anche che… non è per tutti. Sorry.

Inoltre, il Coworking dà assuefazione

Questa è brutta brutta.

Perché è brutta quella situazione che non ti lascia via d’uscita, che piano piano ti trascina in un gorgo da cui non riesci più a uscire.

Tutto questo ha un nome, orribile: si chiama assuefazione!

Succede, senza che tu te ne accorga, quando provi ad avere, ogni giorno…

  • un luogo professionale a tua completa disposizione
  • che costa il giusto
  • dove non ti obbligano a un rapporto vincolante per mesi o anni
  • in grado di offrirti buone possibilità di networking
  • in cui ti senti parte di una community
  • magari vicino a casa

…a quel punto, mi spiace per te, sei dentro fino al collo.

Non potrai più farne a meno.

Sarai diventatə Coworking-addicted, nulla potrà più salvarti dalla soluzione di organizzazione lavorativa più smart che esista!

E non è tutto!

Nei casi peggiori puoi diventare dipendente non dal Coworking in generale, ma perfino da uno specifico spazio di Coworking.

Ne ho visti molti, durante la pandemia, pagare il servizio senza poterci andare, pur di non perdere il posto.

Brutta faccenda eh?

E poi, in un Coworking è impossibile darsi delle arie

Se ci tieni a “tirartela” come dicono certi, attenzione: è meglio che ti cerchi un’altra situazione.

Il Coworking non va bene.

Pensaci bene: come fai a darti delle arie, se fai parte di un gruppo aperto e coeso, dove la priorità è instaurare ottime relazioni con gli altri?

Come fai a darti delle arie quando la macchinetta del caffè che usi tu è la stessa che usa il 17enne smanettone che la sa più lunga di tutti?

Come fai a darti delle arie, nel momento in cui il tuo vicino di scrivania progetta yacht di lusso da un desk come il tuo?

Come fai a darti delle arie se ti rendi conto che nessuno è senza problemi, e che i problemi che hai tu sono gli stessi che hanno tutti?

Ok ci siamo capiti.

Se quel che ti interessa è darti arie, cambia aria, esci dal Coworking.

Meglio ancora: non entrarci proprio, così eviti il problema.

Infine, attenzione: perderai le tue skill con il traffico

Abituandoti, giorno dopo giorno dopo settimana dopo mese, ad andare nel tuo fidato Coworking di quartiere, a pochi passi da casa tua, potresti incorrere in un inconveniente spiacevole.

Diciamo che vai al lavoro a piedi, oppure – perché no – pedalando qualche minuto con la tua bici, tanto il Coworking è vicino.

L’auto non serve più, e tantomeno i mezzi pubblici.

Ecco, in men che non si dica, hai disimparato a muoverti nel traffico.
Hai perso l’adrenalina di prendere il verde al semaforo, non hai più la prontezza nervosa del pendolare capace di vedere un parcheggio libero mezzo km prima, e fiondarcisi sopra.

Non usi l’auto, bensì i mezzi pubblici?

Ancora peggio.

Anni e anni di sgomitate sui mezzi pubblici, mille trucchi da urban warrior, una vita a ottimizzare i minuti casa-fermata-tragitto-ufficio e poi…
…arriva il Coworking dietro casa e tutto è perduto.

Beh, non dite che non vi avevo avvisato.

Il Coworking potrebbe essere il vostro più grande errore.

Ma solo in determinati casi… solo se rientrate nelle improbabili categorie qui sopra.

Se non è così (e io so che non è così), siete parte del 99,99% delle persone e delle aziende che hanno capito che il brutto del Coworking è semplicemente che non ce ne sono abbastanza per tutti.

Alla prossima newsletter, e grazie di avermi letto.

Buon Coworking e buona fortuna 🍀

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CowoMax, la newsletter di Massimo Carraro, fondatore di Rete Cowo®, viene pubblicata un paio di volte al mese su LinkedIn: iscriviti qui.

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